In questi ultimi mesi siamo stati bombardati da immagini agghiaccianti sulla tragedia del popolo palestinese.
Vorremmo evidenziarne due che, secondo noi, dicono tutto l’orrore di questa guerra che Amnesty International non stenta a definire “genocidio”.
La prima terribile immagine presenta una distesa di corpi vicini ad ambulanze. L’esercito israeliano ha ucciso deliberatamente, a uno a uno, 15 operatori sanitari palestinesi mentre cercavano di portare soccorso ad altri colleghi e li ha sepolti in una fossa comune a sud della Striscia di Gaza.
Lo ha denunciato l’Onu ed è stato confermato da Mezzaluna Rossa e Croce Rossa, che lo hanno definito il più grave attacco alle proprie ambulanze dal 2017 ad oggi.
Non solo. Molti di loro sono stati colpiti mentre si trovavano a bordo di ambulanze, con la divisa da soccorritori.
Dopo aver bombardato e ammazzato civili, donne e bambini, ora Israele spara sulle ambulanze e uccide a sangue freddo chi porta soccorsi a una popolazione martoriata e allo stremo.
E intanto Orban accoglie il Primo Ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, un criminale internazionale, con tutti gli onori.
Un giorno, quando ripenseremo a tutto questo, nessuno potrà alzarsi in piedi e dire: noi non sapevamo.
Le prove, molteplici, erano tutte lì. Il mondo ha scelto di non vedere.
La seconda immagine della fotografa palestinese Samar Abu Elouf è lo scatto vincitore del World Press Photo, uno dei principali premi di fotogiornalismo al mondo.
Ritrae un bambino di Gaza, Mahmoud Ajjour, 9 anni, che ha perso entrambe le braccia durante un bombardamento dell’esercito israeliano.
Nel marzo dell’anno scorso si era fermato ad incitare la sua famiglia a fuggire quando un’esplosione lo ha colpito in pieno, amputandogli entrambi gli arti. Quell’atto di empatia, umanità, amore, gli è costato le braccia.
In questa immagine c’è molto di quella tragedia scientificamente organizzata contro un popolo in quanto tale. Ma non c’è tutto.
C’è, paradossalmente, il volto presentabile dell’orrore, lo sguardo di un bambino meraviglioso e fiero, ma manca il sangue e la carne dilaniata, l’orrore asciutto di bambini che muoiono di fame perché sono stati sospesi gli approvvigionamenti, i corpi gettati nelle fosse comuni, lo sporco di un genocidio che nessun giornale, nessun fotografo e nessun telegiornale mostrerà mai perché non fa vincere premi e perché noi occidentali non vogliamo vedere, sapere.
Che questa immagine serva ad accendere un faro affinché tutti guardino quello che mostra. E, soprattutto, tutto quello che non racconterà mai.
Ed ancora, come se non bastasse, Israele ha bombardato un altro ospedale. L’ennesimo.
Dopo aver raso al suolo il pronto soccorso dell’ospedale Battista, con un nuovo raid ha colpito un ospedale da campo sulla Striscia di Gaza, il Kuwaiti Field Hospital, ferendo gravemente anche diversi medici.
Non si fermano davanti a nulla: ambulanze, operatori sanitari, ospedali, malati, medici, infermieri. Chiunque curi o sia curato.
Tutto è un potenziale obiettivo. La scusa sempre la stessa: “Era un rifugio di Hamas”.
Solo negli ultimi giorni sono stati uccisi decine di palestinesi e feriti un centinaio.
Il rischio è di assuefarsi di fronte all’orrore quotidiano.
Guai smettere di raccontare. Guai abituarsi. Guai tacere. Guai voltarsi dall’altra parte.
Sempre chiamare le cose col loro nome: genocidio. Lo ha fatto Amnesty e lo facciamo anche noi di Fondazione Un Raggio di Luce.
Al Jazeera ha riportato la notizia del bombardamento del pronto soccorso dell’ospedale arabo e di molti altri reparti, tragedia confermata da numerose immagini da brividi con medici e infermieri che portano via malati e pazienti ancora in barella, chirurghi costretti ad operare senza anestesia.
Dopo aver sparato sulle ambulanze, ora bombardano direttamente gli ospedali.
Non è il primo. Non sarà l’ultimo.
L’ennesimo crimine contro l’umanità da parte di esercito, di un governo e di un criminale di guerra conclamato e protetto da larga parte del mondo che si definisce civile.
E il governo italiano ancora una volta, pavidamente, tace.
Ma cosa deve succedere ancora perché il mondo apra gli occhi di fronte a questo genocidio in atto, a quest’orrore senza fine?
Studiamo il passato e “dimentichiamo” il presente.
Un ultimo fatto che vogliamo evidenziare.
Nella ridda di omaggi e sviolinate più o meno ipocrite, c’è anche chi non ha speso una sola parola di cordoglio per Papa Francesco: il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
Non un messaggio. Non una nota. Non un pensiero. Nulla di nulla.
La ragione è semplice e racconta molto più di Papa Francesco che di Netanyahu.
Perché Francesco in tutti questi anni, a differenza di quasi tutta la politica internazionale, non ha mai smesso di definire “immorali” i bombardamenti di Israele sui civili a Gaza.
Ha avviato indagini ufficiali per valutare l’ipotesi di genocidio. Che per lui era molto più di un’ipotesi.
È stato il primo Papa a riconoscere ufficialmente nel 2015 lo Stato di Palestina, indicando una strada che solo molto tempo dopo hanno battuto altri capi di Stato.
Di fronte a un Papa così, di fronte a questo gigante del nostro tempo, uno come Netanyahu, uno su cui pende un mandato di cattura internazionale per crimini di guerra, può solo fare una cosa.
Tacere.
Noi però non possiamo tacere di fronte alla complicità e all’inerzia del governo italiano che, non solo
mantiene buoni rapporti con quello israeliano e si ostina a non riconoscere ufficialmente lo Stato Palestinese nonostante ben 147 Stati su 193 appartenenti all’ONU lo abbiano già fatto (Slownews 21 marzo 2025), ma continua a far sì che l’Italia sia il terzo Paese fornitore di armi a Israele dopo Stati Uniti e Germania (AGI 16 ottobre 2024).
Lo Stato ebraico può infatti continuare a massacrare a Gaza anche perché Leonardo S.p.A. continua a consegnare aerei ed elicotteri ad Israele (L’Indipendente 6 maggio 2025) e ha addirittura stabilimenti in quel Paese (The Weapon Watch 26 gennaio 2025). Inoltre Eni S.p.A. ha ottenuto la licenza di sfruttamento di giacimenti di gas al largo di Gaza (Terzogiornale 27 dicembre 2024).
Leonardo ed Eni, società strategiche in cui il governo italiano detiene partecipazioni di controllo.
Oltre 230 organizzazioni della società civile nel mondo hanno chiesto (Amnesty International 18 febbraio 2025) di sospendere tutti i trasferimenti di armi ad Israele, compresi i pezzi di ricambio per i caccia F-35 che l’Italia produce.
Tutto questo dopo che, in risposta all’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 che ha purtroppo provocato la morte di circa 1200 israeliani innocenti e il rapimento di altri 250, l’esercito israeliano ha ucciso per rappresaglia un numero enorme di persone, fra cui molte donne e bambini, oscillante secondo le stime fra 55.000 e 80.000 (Internazionale 10 gennaio 2025, RSI 15 gennaio 2025): una proporzione di uno a 45, uno a 66.
Infine, notizia di questi giorni, Israele ha trovato la soluzione finale per Gaza, approvando l’occupazione dell’area e l’esodo forzato del popolo Palestinese. Alcuni Paesi, ad esempio Cina, Francia e Regno Unito hanno condannato il piano israeliano (Il Fatto Quotidiano 6 maggio 2025), ma il governo italiano non ha espresso una sola chiara parola di disapprovazione.
Sappiamo che gran parte del popolo israeliano sta combattendo contro il suo stesso governo, retto da criminali di guerra secondo quanto stabilito dalla Corte Internazionale dell’Aia nelle sentenze del 21 novembre 2024 in cui ha emesso mandati di arresto per il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex Ministro della Difesa Yoav Gallant, per cercare di impedire tutto ciò e speriamo che riesca nel suo intento.
Come Fondazione Un Raggio di Luce ETS sentiamo il dovere civile e umano di denunciare tutto ciò perché sia chiaro che stiamo sempre, sempre dalla parte dei deboli e degli innocenti, sia israeliani che palestinesi, vittime della follia militare e omicida dei loro capi.
Un Raggio di Luce
Fondazione ETS
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